In questi ultimi tempi stare all'aria aperta ha assunto un significato più profondo e viscerale. Sapere di uscire dove si vuole e poter respirare a pieni polmoni non è scontato. Tutta una serie di regole ci è caduto, ineluttabile, tra capo e collo, cambiando la vita quotidiana, i rapporti con le persone, ed il rapporto con se stessi.
Essere limitati è necessario in questa situazione, il disagio è inderogabile, e allora si cerca la maniera più fruttuosa per alleviare la tensione, che, inesorabile, si carica col passare del tempo.
Immobile, per chi è bramoso di azione, di fatica, di emozioni e movimento.
Passano i giorni, passano i colori, a volte si fanno più vividi, a volte si scompongono, perdono di tono, e si fondono nel bianco.
In quel preciso momento il naso fiuta l'aria, le mani si stirano assaporando il movimento libero. La testa si fa meno pesante. l'occhio indugia bramoso. La fatica diventa un bisogno primario, per poter abbattere un limite, che estremo non è, ma che ci apre le porte per la normalità.
La parete che si para dinanzi, nel suo freddo candore, spinge il sangue nelle vene, le mani che serrano le impugnature trasmettono una sensazione di piacere lungo tutto il corpo: e poi finalmente la fatica, la sensazione del vuoto, la mente che si concentra sui movimenti.
Sequenza dopo sequenza, fino a raggiungere la sosta.
Un lungo respiro e lo sguardo che spazia verso l'unico limite dell'orizzonte: una linea aspra di calcare che si staglia di netto contro il turchese del cielo. Potrebbe essere una muraglia opprimente, ma in realtà è una meta da raggiungere.
Passa qualche giorno, la mente è libera, i pensieri guizzano veloci attraverso spazi di nuovo senza limiti.
Di nuovo il bianco, mentre al posto dell'azzurro, si sfilaccia verso il fondovalle un cielo perlaceo.
Di nuovo la fatica, piacevole sensazione che si irradia serenamente lungo il corpo. Le braccia e le gambe spingono sulla neve che scricchiola al passaggio del mattino.
Si sale lungo la strada, inseguendo lo sfibrarsi di un cielo grigio.
Si sale, spingendo, andando incontro alla fusione del cielo e della terra, dove il sopra ed il sotto si fondono e confondono.
L'aria umida e pesante ci circonda in un abbraccio ovattato e cieco.
Si sale ancora, indugiando con lo sguardo, provando a indovinare una traccia nel nulla.
Il passo si ferma, consapevole di star perdendo, a poco a poco la via, . Consci di una piccola sconfitta, una rinuncia che regala il sottile piacere di poter decidere del proprio andare.
Non una cosa da poco.