Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

lunedì 20 luglio 2020

Ferrata Cassiopea, Torrione Comici

Ogni volta è come varcare l'uscio di casa: passata la sbarra di Ponte Compol si entra in luoghi amati, conosciuti, ma non ancora fino in fondo. Un pò com'era casa dei nonni, tante porte, stanze, cassetti dimenticati sotto la polvere che aspettavano di essere riscoperti. 
La valle è un pò così, piena di stanze, passaggi segreti, occhi che ti spiano dal folto del bosco, e dall'alto delle rocce. Passando per Pian Fontana lo sguardo si incrocia con quello burbero e severo del vecchio Nile, ma è un attimo, si passa oltre lasciandolo brontolare. 
Ci sarà tempo anche per andarlo a trovare.
Pian Meluzzo è il cuore pulsante di questa grande casa: li tutto ha inizio e fine, spesso con una birra in compagnia di Marika e Ivan.





Ci inoltriamo verso est, imboccando la val Postegae. Il sentiero sale senza strappi, con calma ci porta a sfiorare le pendici del Pramaggiore, mentre il chiacchierare delle mie compagne, a tratti rompe il silenzio della Val di Guerra, ma non rompe gli incantesimi di queste vallate. Guglie e pinnacoli sembrano guardare con attenzione ai nostri passi, quasi a volersi risvegliare, viandanti impietriti su creste, forcelle e cime ardite.










Il Torrione Comici ancora non si svela ai nostri occhi: non come la prima volta che lo salii, in una calda giornata d'agosto. Al tempo, quasi a farci pesare l'ardire di una salita pomeridiana, stava li a guardarci sprezzante, mentre arrancavamo sulle ghiaie che scendono al Flaiban Pacherini. Eravamo contro corrente, le ghiaie ed il caldo ci volevano giù, non lassù a sfidare il torrione. Il buon Mauro ci guardava sorridendo col binocolo mentre salivamo, ed una volta ridiscesi ci disse che la birra l'aveva finita "sudando con noi", porgendoci due lattine di coca cola, poi impietosito dai nostri sguardi persi, rientrò e usci con due belle bionde schiumose, ridendo come non ci saremmo aspettati!
Oggi si svela all'ultimo, con un profilo elegante e slanciato, degno del nome che porta.
Arrivati al passo del Mus, ci prendiamo una pausa, sappiamo che è una giornata senza fretta, da godere fino in fondo.
Saliamo al limite delle ghiaie e iniziamo a salire il filo d'Arianna della Ferrata Cassiopea. Il caldo della salita di quasi vent'anni prima svanisce nel vento freddo che ci accompagna mentre saliamo.
Il panorama si apre sul versante carnico di questo piccolo e selvaggio paradiso che chiamiamo Dolomiti d'Oltre Piave, e con esso si apre anche il nostro cuore, che si riempie ancora di guglie, gendarmi e pinnacoli impossibili, che sfidano la logica terrena.
La cima è a un passo ormai e ci ritroviamo tutti e quattro felici di poter stare lassù.












Il vento ci porta le voci di mille sortilegi, di mille viaggiatori che, ammaliati da queste montagne son diventati parte di esse. Se passate da quelle parti e guardate quelle cuspidi, potrete sentire il loro canto di pietra: il vento ci lega ai sentieri delle valli che si insinuano tra queste vette, come novelli Ulisse possiamo ascoltare il canto di queste sirene senza subirne le conseguenza. Mi sembra di sentire il Vecchio brontolare "Non perder tempo lassù e ricordati di un vecchio amico".










Scendiamo, e ripreso il nostro cammino, volgiamo lo sguardo verso la forcella dell' Inferno, da li si apre sotto di noi la Val di Brica. Caliamo lungo le sue ghiaie e, tra un passo e l'altro,  si aprono altri cassetti, altri ricordi. 







Salite d'altri tempi, seguendo le labili tracce di alpinisti di un passato che va scomparendo dalla memoria dei più. 
Al cospetto del Campanile Gambet mi soffermo a guardare con una lacrima di nostalgia il maestoso diedro della Migotto-Martin-Scaramuzza, e mi ritornano in mente le parole di Von Saar, che con Von Glanvell ne firmò la prima salita "E' impressionante guardar giù nella bella Val Meluzzo che appare a profondità vertiginosa. Dall'altra parte della valle si allineano le ardite cime del Gruppo dei Monfalconi, offrendo uno spettacolo che rallegrerebbe il cuore d'ogni alpinista".
Con il cuore colmo di gioia e di ricordi finisco la giornata con Nadia, Asia e Luisa nel caldo abbraccio del Rifugio Pordenone, dove attorno al tavolo scorrono negli occhi le immagini della giornata, illuminando di sorrisi i visi amici.

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