Monti discosti, sconosciuti, offuscati da cime più belle e famose.
Monti ripidi, non serviti da sentieri curati, ma da vecchie mulattiere che vanno a perdersi, su ampi e erti prati.
Quei prati sono il nostro miraggio, visti solo in qualche foto reperita dal web e da una fugace occhiata, tra le fronde degli alberi durante la salita. Una salita iniziata dall'ancona dedicata a San Remedio a Erto e "benedetta" dalle goccioline rimaste sull'erba e sui cespugli di ginestra che invadono la vecchia mulattiera, forse usata in passato per andare a falciare i prati sommitali.
Sotto di noi, i rintocchi delle campane di Erto, echeggiano nella vallata, annunciando le ore e richiamando ad una messa ancora non possibile. Il sole filtra tra le fronde, illuminando i cespugli fradici che inzuppano per bene pantaloni e scarponi, mentre l'umidità imperla la fronte.
Saliamo distanti, ognuno perso nei propri pensieri, ritrovandoci per una pausa, per riprendere fiato, per scattare una foto e mangiare qualcosa. D'altronde questa è la prima salita post lock down con un dislivello consistente, bisogna prenderla con calma e tranquillità.
E poi eccoli, quei prati assolati, su cui sbuchiamo gettando lo sguardo sulle case di Erto e ciò che resta del lago artificiale del Vajont. La frana del monte Toc è là a ricordare la tragedia che colpì la vallata nel 1963, con le sue pareti grige e slavate. Davanti a noi, il Borgà spicca per la sua prominenza, mentre guardiamo in su, lungo quella lunga distesa erbosa che ancora ci divide dalla nostra meta.
La cima ci appare lontanissima: in mezzo, un' infinita distesa di cespugli, intervallata qua e là da qualche roccia. Niente sentiero qui, niente traccia, solo una lunga e faticosa ricerca della via migliore. E allora via, passo dopo passo, cespuglio dopo cespuglio, sbuffata dopo sbuffata, puntando a quella punta che, speriamo, sia la vetta del Porgeit, ma che si rivelerà essere solo la parte iniziale della sua cresta ovest.
La risaliamo ed in breve ci appare la vetta, sormontata da una croce in legno "vestita" con una maglietta, forse dimenticata, forse lasciata di proposito. Sul vicino cimotto, un altro "solitario" come noi è salito quassù in cerca di pace e tranquillità, ma partendo dal passo di Sant'Osvaldo.
Rimaniamo così, "sospesi", noi su una cima, lui sull'altra, tutt'attorno le cime più note: il Borgà, la Palazza, il Zita, il Duranno che appare e scompare tra le nuvole, il Lodina, il Cornetto, il Col Nudo. Siamo su una cima che, per la sua posizione centrale, gode davvero di una bella visuale. Dopo tanta fatica, non ci resta che ammirarla, in silenziosa e solitaria tranquillità.
Sotto di noi, i rintocchi delle campane di Erto, echeggiano nella vallata, annunciando le ore e richiamando ad una messa ancora non possibile. Il sole filtra tra le fronde, illuminando i cespugli fradici che inzuppano per bene pantaloni e scarponi, mentre l'umidità imperla la fronte.
Saliamo distanti, ognuno perso nei propri pensieri, ritrovandoci per una pausa, per riprendere fiato, per scattare una foto e mangiare qualcosa. D'altronde questa è la prima salita post lock down con un dislivello consistente, bisogna prenderla con calma e tranquillità.
E poi eccoli, quei prati assolati, su cui sbuchiamo gettando lo sguardo sulle case di Erto e ciò che resta del lago artificiale del Vajont. La frana del monte Toc è là a ricordare la tragedia che colpì la vallata nel 1963, con le sue pareti grige e slavate. Davanti a noi, il Borgà spicca per la sua prominenza, mentre guardiamo in su, lungo quella lunga distesa erbosa che ancora ci divide dalla nostra meta.
La cima ci appare lontanissima: in mezzo, un' infinita distesa di cespugli, intervallata qua e là da qualche roccia. Niente sentiero qui, niente traccia, solo una lunga e faticosa ricerca della via migliore. E allora via, passo dopo passo, cespuglio dopo cespuglio, sbuffata dopo sbuffata, puntando a quella punta che, speriamo, sia la vetta del Porgeit, ma che si rivelerà essere solo la parte iniziale della sua cresta ovest.
La risaliamo ed in breve ci appare la vetta, sormontata da una croce in legno "vestita" con una maglietta, forse dimenticata, forse lasciata di proposito. Sul vicino cimotto, un altro "solitario" come noi è salito quassù in cerca di pace e tranquillità, ma partendo dal passo di Sant'Osvaldo.
Rimaniamo così, "sospesi", noi su una cima, lui sull'altra, tutt'attorno le cime più note: il Borgà, la Palazza, il Zita, il Duranno che appare e scompare tra le nuvole, il Lodina, il Cornetto, il Col Nudo. Siamo su una cima che, per la sua posizione centrale, gode davvero di una bella visuale. Dopo tanta fatica, non ci resta che ammirarla, in silenziosa e solitaria tranquillità.
Nessun commento:
Posta un commento