E' poco oltre la metà di febbraio, eppure sembra che la primavera sia sbocciata con largo anticipo. Mazzetti di primule gialle, assieme a Bucaneve e Campanellini, tappezzano il terreno sul margine del sentiero, regalandoci sprazzi di colore in un bosco svestito e muschioso.
Vecchi gradini in pietra salgono lungo il pendio, portandoci lentamente in alto, a visitare quel che resta di un borgo abbandonato dopo il terremoto, le cui case raccontano di resistenza e rifugio, di coraggio e dolore.
Le targhe apposte dall'ANPI ci narrano i fatti accaduti durante la seconda guerra mondiale in questa borgata, storie di eroi e combattimenti, vittorie e morti.
Passiamo in rispettoso silenzio tra le case diroccate, che mani affettuose han cercato di frenarne il degrado, ripulendo e rinforzando quel che basta a trasformare questo luogo in un monumento a ricordo di quanti qui, hanno vissuto, lottato e perso la vita.
Lasciamo alle nostre spalle il borgo, per continuare a seguire il sentiero, cercando una via per raggiungere le soprastanti case di Rez e il Monte Santo. Le tracce nere sulla cartina, si perdono in una fitta vegetazione di arbusti e spine, facendoci presto desistere da inutili ricerche, facendoci optare per un più sicuro proseguo sull'unica traccia presente, il sentiero che ci porta tra le case di Romagnoi e poi alla strada, dove abbiamo lasciato l'auto.
Saliamo perciò a Rez direttamente in macchina, parcheggiando presso le ultime case e incamminandoci lungo una sterrata con divieto, accompagnate dal furioso abbaiare di un cane lupo, non proprio felice del nostro passaggio.
I sentieri illustrati nel cartellone del comune, posto lungo la strada a Paludea, non corrispondono alla situazione attuale e dobbiamo un po' cercare l'attacco del sentiero per il Monte Santo, che troviamo poco più in là, nelle indicazioni per Celante.
Gli effetti di Vaia si notano anche qua, mentre scavalchiamo qualche albero di traverso, salendo lentamente nel bosco spoglio che lascia intravedere lo scorrere del Meduna.
Abbandoniamo il sentiero proprio quando questo inizia a scendere verso nord, imboccando una sottile traccia che, in alcuni punti appena accennata, segue il filo della dorsale, raggiungendone il punto più alto, presso un grande castagno, i cui rami si dispiegano verso un cielo ora sgombro di nuvole e azzurro.
Oltre non si può proseguire, se non inoltrandoci in un fitto e intricato labirinto di alberi e arbusti spinosi. Il sentiero che avrebbe dovuto farci chiudere ad anello proprio non si vede e, dopo un po' di ricerche, ci rassegniamo e concludiamo qui le nostre esplorazioni nel bel territorio di Castelnovo del Friuli.
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