Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

mercoledì 24 aprile 2019

Da Casso verso la solitudine

Sul finire dello scorso autunno, per la prima volta, andai alla falesia di Casso, innamorandomene. La giornata fredda e nebbiosa, le pareti che si alzavano a ridosso degli alberi spogli, uscendo da leggere brume, davano alla giornata le sfumature romantiche ricercate dai viaggiatori ottocenteschi, la natura e la sublime solitudine. Sotto di noi, facendosi strada tra le nebbie, scendeva la valle del Piave, portando gli echi della vita che scorreva lungo le sue sponde.
Qualche tempo dopo, lessi sulla rivista del CAI di un percorso in luoghi solitari, che seguiva quelle stesse balze rocciose, un anello il cui principio e fine si trovava tra le vie strette di Casso, abbarbiccato alle falde del Monte Borgà. La curiosità mi prese e mi ripromisi di percorrere quei passi. Poi, i soliti mille pensieri e progetti relegarono i pensieri curiosi da qualche parte a prendere polvere, finchè pochi giorni fa fu Nadia a rispolverare l'interesse per quelle tracce.







Raggiunto il piccolo campo santo di Casso imbocchiamo la vecchia mulattiera del Troi di Sant'Antoni, costeggiando i ricordi di vite che strappavano fazzoletti di terra alla montagna, per coltivarli, cintandoli di pietra. La vecchia via che porta a Codissago passa a mezza costa, sul limite del precipizio che porta alla diga del Vajont, che intravediamo sotto di noi, tra gli alberi.




Il levarsi del vento ci avvisa che ci stiamo addentrando nella valle del Piave e dopo qualche passo, tralasciamo il troi di Sant'Antoni per risalire leggermente in quota lungo il Troi dei Sambughi, che,  dopo un breve tratto nel bosco ci porta ad una erta e strapiombante fascia rocciosa che ci accompagnerà lungo il cammino per casera Sedesela.















Raggiunta una solare radura con due casere ristrutturate, il sentiero continua nel bosco silenzioso. All'ombra dei faggi saliamo ancora fino a trovare nuovamente le poderose bastionate, spesso avvilupatte da grandiose edere, testimoni silenziose del tempo che passa. Alcune sono veri e propri monumenti della natura, con fusti che raggiungono i venti centimetri di diametro.
Percorriamo il sentiero a ridosso delle pareti, salendo su grossi blocchi staccatisi dai superbi tetti che chiudono la vista verso l'alto. Il cammino continua in falsopiano, e la meraviglia rapisce continuamente lo sguardo.
D'improvviso ci troviamo al Landre de l'Acqua, un piccolo fabbricato in pietra incastonato sotto la parete, vicino ad una piccola sorgente. L'interno conserva i ricordi di lontane vite, fatte di silenzi e di fatica, chiudiamo l'uscio è proseguiamo lungo la via che ci porta ai ruderi di casera Smei. 
Poco oltre ci fermiamo ad ammirare il panorama verso il gruppo del Bosconero da Caserta Dogarei, che apre una piccola stanza alla sosta degli escursionisti che si avventurano in questi silenzi.




















Torniamo sui nostri passi finoa al Lande de l'Acqua e, appena prima della sorgente, prendiamo una traccia che sale tra le rocce, fino ad arrivare al largo pianoro di casera Brighella. Sulla facciata fa bella mostra di se un  grande crocefisso metallico, mentre, ad incoronare la struttura, si nota un meraviglioso tetto in lastre di pietra.






Saliamo verso un altra fascia rocciosa che seguiamo verso sinistra, fino a incrociare nuovamente il segnavia 395. Saliamo nel bosco con ripide volte fino a I Pont, a quota 1150 e proseguiamo fino al pianoro, dove si incrocia il sentiero 394 che ci riporterà a Casso. Con un pò attenzione e di atletismi si individua la traccia tra i tronchi di conifera abbattuti dalla burrasca dello scorso autunno, fino a guadagnare nuovamente il bel sentiero che offre ampi scorci sulla Val del Piave.







Proseguiamo lungo la faggeta con passo leggero, mentre il sole si fa spazio tra le cime degli alberi e riscalda il passo, senza fatica raggiugiamo i rideri delle Cave di Cepe, dove sostiamo sotto l'occhio vigile dei custodi di questo luogo, testimone del tempo passato e di mestieri dimenticati.









Un pò a malincuore lasciamo questo balcone panoramico, e proseguiamo il nostro cammino verso la fine del nostro anello. Un lungo traverso pianeggiante ci riporta al cospetto del Monte Toc, che veglia sulle memorie di questa valle.
Ancora il cammino si inoltra tra i terrazzamenti, testimoni di un epoca che rivive nei ricordi dei vecchi, mentre le mani sfiorano le pietre dei muri a secco e Casso, silenzioso, ci abbraccia nuovamente.


2 commenti:

Avalon ha detto...

Un sentiero o, piuttosto, la macchina del tempo…?
Veramente bello e denso di motivi di interesse questo tracciato. Davvero divertente il vostro autoscatto con lo stambecco che controlla la situazione dalla sua “torretta di guardia”!
ciao, lauretta

Nadia ha detto...

Ciao Lauretta...lo stambecco? Vegliava dall'alto su di noi...anzi...masticava su di noi!!!
Quanti posti non conosciamo ancora della nostra bella regione...ma ci diamo da fare per scoprirli tutti!!
Un bacione!!!