Settembre è scivolato via in un battito di ciglia, tra calde giornate di fine estate e fredde anteprime d'autunno. Lungo i nastri che portano al cuore delle Dolomiti i pensieri si rincorrono, cercando motivazione ad uscire nel mattino freddo e sfiorare la roccia ruvidamente sensuale, seppur fredda nella luce del mattino.
Tanta invece è la sorpresa di uscire nel tepore di un mattino che ti avvolge, caldo e luminoso, mentre la parete che fino a pochi attimi prima sembrava scura e lugubre, ora avvampa di luce e sorride a chi vuole avventurarsi lungo le sue rughe.
Dal forte di Valparola imbocchiamo il sentiero che porta al Lagazuoi, deviando poco dopo lungo le ghiaie che salgono al Trapezio. Individuiamo subito l'attacco della via e ci leghiamo alla base delle parete, sotto un piccolo strapiombo scuro.
Saliamo lungo la via Ardizzon, aperta da Andrea Spavento in quel Trapezio al Piccolo Lagazuoi, di cui Cipriani parla così :
“Ho chiamato il Trapezio quel settore, di forma vagamente trapezoidale, del versante ovest del Piccolo Lagazuoi compreso tra la Torre n’tra i sass ed il ghiaione calante dall’Anfiteatro.Qui si trovano la roccia migliore e gli itinerari più belli e ripetuti. La roccia è splendida, appigliata e ricca di clessidre nonché scaldata dal sole dalle dieci del mattino sino al tramonto.L’avvicinamento è esiguo, la discesa veloce, le vie numerose e ben attrezzate.Che volete di più? C’è chi lo considera una “palestra”, il che può anche essere e mi sta bene purché si tenga presente che ci troviamo comunque in ambiente d’alta montagna."
Il panorama maestoso si fonde con la bellezza della roccia, ricca di clessidre e ben appigliata anche lungo i passi leggermente più difficili. Il piacere della salita è aumentato dal tepore del primo sole autunnale, increspato da una leggera brezza che soffia leggera da sud.
Al cospetto della Marmolada saliamo gli ultimi tiri che ci portano alla cengia che delimita il trapezio, mentre il cielo si intorbidisce di nuvole scure ma benevole. La roccia, il sole, il tepore del pomeriggio aumentano a dismisura il piacere della salita. Raggiunta la cengia attrezziamo la calata alla cengia inferiore che poi, lungo un traverso a volte friabile ci porta al sentiero che sale alla cima del Lagazuoi.
Il sole di metà pomeriggio illumina la parete, mentre la luce vira al tramonto e un'aria impertinente e fredda ci invita ad allungare il passo verso l'auto. Il cielo si stringe su se stesso, incupendosi e chiudendo pian piano l'orizzonte.
Il mattino dopo ci riserva un fitto crepitare di pioggia, le nuvole si rincorrono disordinate, salgono dal fondovalle fino alle cime, per poi lanciarsi a capofitto lungo i ripidi canaloni, velando le pareti.
Arriviamo all'ospitale accompagnati dalle nebbie. il Sasso della Croce ed il suo Pilastro si coprono di grigi mantelli, nascondendo il Drago ai nostri occhi. La pioggia di tanto in tanto si fa sentire. Lunghi sbuffi di fumo scendono dal cuore della parete. Non è il giorno giusto per la montagna, si nega anche allo sguardo. Torniamo sui nostri passi, guardandoci di tanto in tanto alle spalle.
Il Drago sbuffa, vittorioso.
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