Il Cengio non è proprio la montagna ideale, visto dalla pianura appare come un anonimo costone roccioso che si erge sul fianco della Val d'Astico. Niente di che. Quasi invisibile.
Ma su quello strapiombo, pure banale al primo sguardo, si può camminare su un'opera dell'ingegno dell'uomo, rimasta a imperitura memoria di una delle più cruente battaglie della prima guerra mondiale.
Lassù, tra il 22 maggio e il 9 giugno la 1^ Armata Italiana comandata da Luigi Cadorna fronteggiò le truppe austroungariche impegnate nella Strafexpedition.
Combattimenti cruenti che finirono in terribili corpo a corpo, non ultimo quello che vide i granatieri avvinghiarsi al nemico e precipitare assieme verso il fondo della Val d'Astico. Episodi tremendi da cui oggi il nome di Salto del Granatiere.
Di oltre seimila uomini, non si trovò più traccia, dispersi, dilaniati dalla battaglia, rubati alla loro gente.
Su quei sentieri oggi si passeggia ammirando il panorama, e volgendo un pensiero a quanto patirono quei ragazzi, quei padri di famiglia, costretti dalla Pazzia dell'Umanità a trovare dentro di se il peggio dell'animo umano.
Su quei sentieri siamo andati con Gabriele, perchè se cent'anni fa erano strade di dolore, oggi regalano la gioia di una giornata tiepida d'autunno.
Affrontiamo con calma la salita, non c'è fretta, il percorso non è ne lungo , ne difficile. Sale docile, e permette di visitare postazioni e trincee, camminamenti sull'orlo del precipizio e gallerie che entrano nel cuore della montagna.
Il tempo scorre veloce e il cielo inizia a tingersi nel finire del pomeriggio.
Il tramonto si lascia ammirare dalle vicina cima del Monte Croce.
Mentre il disco rosso si tuffa dietro le creste del Carega, la strada del ritorno si tinge di blu, unendosi al cielo.
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