Dopo diversi anni, agli inizi di dicembre non ho sentito quel richiamo echeggiare dentro. Era quasi vitale salire lassù l'otto dicembre. Quest'anno invece ero sordo al richiamo. O forse il richiamo non c'era. La settimana prima sono passato ai suoi piedi ma non ho sentito il bisogno di dare uno sguardo verso su, neanche di sfuggita. Forse perché c'è qualcun'altra che mi tiene d'occhio dall'alto.
Partiamo prima che il sole ci illumini la strada, in quelle ore in cui le strade restituiscono il blu al cielo. I tornanti verso passo Pramollo li percorriamo sotto un cielo lattiginoso.
In Winkel siamo solo noi e il vento che ci rincorre e supera nel bosco. Una traccia ben battuta ci fa ben sperare per il cammino. Superiamo la radura di Baita Winlel e iniziamo a salire il vallone, passando sotto le pareti di Pricot.
La traccia finisce con un inversione e torna sui suoi passi. Ora siamo soli davanti ad una bianca tranquillità.
Iniziamo ad affondare fino a metà polpaccio e la fatica si fa sentire. Il peso dell'attrezzatura sottolinea i passi che sprofondano cercando lo strato portante.
Mi vengono in mente, da un tempo che pare lontanissimo, le parole di Daniele. Anche lui mi starà guardando, compiaciuto delle mie fatiche. Ricordo che in una delle nostre chiacchierate "lavorative" mi disse che la montagna d'inverno è più materna, ti protegge, ti culla, e anche quando non c'è più speranza ti avvolge in un tiepido abbraccio finché non ci sarà che la notte infinita.
Risparmio a Robertone i miei pensieri, e continuo a batter la traccia mentre sento alle mie spalle il suo respiro profondo e di tanto in tanto un serafico " e ce rasse di fadie.. flaie.."
Arriviamo in fondo al vallone e i miei pensieri scavano ancora nei ricordi, i sorrisi di mia mamma, i rimproveri di Daniele e le avventure invernali con Nadia in questi stessi luoghi.
A pochi metri dal canale della Contin ci fermiamo a riprender fiato. Son oltre tre ore che camminiamo e finalmente siamo arrivati alla parte divertente.
Iniziamo a risalire il canalone, sprofondando nella coltre bianca, non ancora trasformata, le becche si aggrappano alla roccia nascosta sotto la neve e saliamo verso la sella.
Arrivati in sella realizziamo che più di cosi non faremo, troppa neve con poca consistenza.
Lo spettacolo è fantastico e ripaga della fatica fatta per arrivare fin qui. Un'aria fredda e sottile si insinua nel piacere della contemplazione e ci invita al rientro.
Scendiamo velocemente fino al primo risalto incontrato in salita, attrezziamo una doppia e in breve siamo nuovamente alla base.
Il vallone del Winkel si stende sotto di noi nelle luci tiepide del primo pomeriggio, lontano da tutti mi sento a casa.
Andiamo, il rientro è ancora lungo.
1 commento:
Bella la foto che guardi su.....e poi la croce sulla vetta della torre sembrava aspettarvi...... sarà a neve più dura allora!
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