Fino al momento di scrivere due righe sulla scorsa domenica, non sapevo come si chiamasse questa resta di mughi e rocce su cui si è posata la nostra attenzione. Una montagna senza sentieri sulla carta: solo un quadratino, una quota e un nome. Sconosciuta. Sembrerebbe una meta mitica, oggetto delle brame di esploratori d'altri tempi.
Ma non è così.
Seduto in un angolo del bar, sorseggia un succo di qualcosa scrutando gli avventori che nelle prime ore del giorno si avvicendano al bancone. Parole, caffè veloci e qualche brioche. Sguardi veloci. Sembrerebbe un film di spionaggio.
Ma non è così.
Entrano nel locale, sembra vuoto. Ma d'improvviso, volgendo lo sguardo verso l'angolo incrociano il suo: fulmineo, scatta in piedi. Sembrerebbe un film western.
Ma non è così.
Al passo solo una vecchia Fiesta. Parcheggiamo comodamente e ci prepariamo.
La nostra meta è la Mala Mojstrovka, e la nostra via la ferrata che la percorre lungo il versante nord.
Partiamo di buona lena, ma ben presto ci accorgiamo che lo spessore della neve non corrisponde a quei venti, trenta centimetri che ci aspettavamo. Ben presto iniziamo ad affondare a mezza coscia, annaspando tra i mughi, e dimenticando il pizzicore dei dieci gradi sottozzero.
Arriviamo alla Vratica in un tempo record: quasi due ore per fare duecento metri. Mamma mia... un film horror o una commediaccia all'italiana?? Boh. Comunque sia si prosegue verso la nostra metà. Arriviamo all'altezza del bivio per lo Sleme e lo sguardo sale verso la parete nord della Mala: neve, neve e neve. Ma tutta quà?? E' già mezzogiorno e seppur fattibile, la meta appare molto lontana. Con un pò di fastidio inizio a pensare sia meglio puntare ad altro. Dietro a noi, oltre la Vratica, fa capolino una breve cresta, a tratti rocciosa, che si erge un centinaio di metri sopra la sella. Bene! Ecco la nostra nuova metà.
Torniamo più o meno velocemente sui nostri passi e attacchiamo nel punto che appare più debole, ma neve farinosa e mughi ci fanno desistere. Torniamo alla sella e prendiamo direttamente il filo di cresta, spazzato dalla bora. I guanti gelano rapidamente e mi fermo a cambiarli, approfittando di sfilare la piccozza dallo zaino, come i miei compagni di ventura.
La salita di questa cima di cui poco sappiamo è snervante: lunghe battaglie con i mughi sommersi dalla neve, alternati a brevi passaggi sulla roccia spellata dal vento. Andiamo avanti per un'ora fino a un sperone roccioso sotto la cima, dove Raffaele, sedendosi, sentenzia che "qui è la cima!" Lo sguardo prosegue e si perde tra i mughi ricoperti di neve fino sulla vetta.
Ok, basta così.
Un pò di tè ed un boccone in compagnia di quattro gracchi infreddoliti e dopo la foto di "vetta" con tanto di bandiera del Friuli portata da Umberto, iniziamo la discesa, resa insidiosa dai mughi.
Alla Vrata il vento cala e scendiamo veloci verso il Vrsic, mentre da sud si alzano nubi minacciose. Una prima invernale zoppa, ma divertente e faticosa, come piace a noi.
1 commento:
d'altro canto Colombo cercava le Indie e ha trovato l'America
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