Iniziamo a risalire il pendio innevato che sovrasta il rifugio e oltrepassato un tratto tra gli alberi, sbuchiamo su un costone da cui il panorama si apre verso sud. La salita continua con pendenza costante e con un po' di affanno arriviamo presso un grosso ometto: davanti a noi la nostra meta ci appare ammantata di bianco e la croce di vetta è ben visibile.
Proseguiamo attraversando un tratto tra gli alberi e arriviamo finalmente alla base del pendio dove alcune persone sono impegnate in una lezione di sci. Il pendio è ghiacciato ma alcune vecchie tracce di ciaspole, appena visibili sotto il recente strato di neve, ci fanno fare il gioco delle piastrelle trabocchetto...se ne becchi una sprofondi fino al ginocchio! Evitando le insidiose trappole e sbuffando un po' per la ripidità, sotto sparuti fiocchi di neve che cadono nonostante ci sia il sole, raggiungiamo il crinale dove forti raffiche di vento ci danno il benvenuto creando turbini di neve! Sono talmente forti che a stento riesco a fare le foto del versante opposto, gelandomi per bene le mani!
Continuiamo risalendo il crinale fino alla croce di vetta dove il panorama spazia a 360°! Pultroppo so riconoscere solo il Matajur e il vicino monte Nero, ma le cime che ci circondano a nord appaiono tutte belle e imponenti nonostante le loro cime siano nascoste da bianchi nuvoloni. La zona m'incurioscisce molto, tanto che sicuramente ci tornerò in estate, essendo le stradine percorribili in auto fino alle varie Planine. Verso sud la vista spazia su molteplici cimette poco elevate attraversate dai riflessi della Soca e sulla verde vallata con l'abitato di Tolmino. Peccato per la foschia, che nonostante la Bora, alleggia su tutta la zona.
Nuvoloni grigi ci passano velocemente sulla testa alternando sole e ombra, calma di vento e raffiche gelate. La temperatura si aggira sui meno dieci e scattate le classiche foto con la croce optiamo per una veloce ritirata dispiaciute di non poter godere con calma di tanta bellezza. Gia sul pendio, riparate dal vento, si sta meglio ma per mangiare decidiamo di raggiungere il piccolo rifugio.
Indossati questa volta i ramponi, scendiamo velocemente ed entriamo nel silenzioso rifugio accolti da un signore anziano che l'italiano lo capisce poco poco. Stranamente non c'è nessuno a parte noi due e dopo aver fatto i timbri della vetta e del rifugio ci sediamo ad uno dei tavoli. Alla nostra richiesta di un dolce il gestore ci indica il formaggio e rassegnate ne ordiniamo una porzione, un caffè e una grappa. Arrivano due piatti di formaggio della zona, un cestino di pane morbidissimo, due bicchierini di grappa di fiori e un caffè turco per Silvia. Il gestore sorridente gesticolando ci fa capire che scenderemo volando! E sia! Festeggiamo in anticipo la festa della donna!
Salutato il gestore, riprendiamo la strada del ritorno. Tra gli alberi, il monte Nero, prima parzialmente coperto e ora libero dai nuvoloni e il Soca che riflette sotto il sole pomeridiano, sembrano salutarci mentre raggiungiamo l'auto. Ed è un arrivederci, perchè in questo posto ci torniamo sicuramente in autunno con cieli limpidi e colori dorati!
5 commenti:
......le alture Slovene ti stanno appassionando... anche in condizioni estreme ;-)
ciao
bel posto, fa molto di alta quota! e l'alpinauta? a far il babysitter?
ancora avventure in terre slave! tutte da scoprire, farò buon uso delle tue esplorazioni
a torto certe zone non le prendiamo in considerazione, per la relativa altezza, ma certamente danno soddisfazione come le alte cime
Quando suffia da quelle parti suffa ben
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