Sabato, in compagnia di Robertone decidiamo di salire a Sappada per andare ad arrampicare nel Vallone di Enghe, una zona molto bella per le cascate che offre, ma poco frequentata rispetto alla zona del Piave. Anzi poco frequentata è dir poco. Per raggiungere le colate si deve mettere in preventivo un paio d'ore di avvicinamento, e poi l'ambiente è isolato e severo, quindi ottimo per tenere lontano la folla!
Partiamo alle sei da una Codroipo che si sta risvegliando imbiancata da un sottile velo di neve e arriviamo a Sappada sotto un cielo azzurro, appena striato da leggere velature.
La temperatura è clemente, appena dieci gradi sotto lo zero! Preparativi rapidi e i due menhir che abbiamo per zaini son pronti, cjaspe comprese. Poiché la salita è in ambiente ci si deve portare dietro un pò di tutto, non si sa mai. Prova arva prima di partire e via verso i nostri cristalli.
La camminata di avvicinamento è un buon riscaldamento, e i passi scivolano leggeri sulla neve. Gli alberi tutt'intorno sono addobbati di bianco, come nelle fiabe.
Iniziano a vedere in fondo alla vallata le cascate, sembrano ad un tiro di schioppo, ma non arrivano mai!
Finalmente arriviamo alle prime colate: bisogna decidere il da farsi. Puntiamo decisi su una bella formazione con una partenza esile e delicata: chissà se la settimana prossima ci sarà ancora... meglio non aver rimpianti e provarci subito. La linea è "Un bel regalo", salita da Pezzolato e Tietz nel lontano 1994, e trovarla formata non è cosa di tutti i giorni.
Per andare all'attacco dobbiamo attraversare il rio Enghe e risalire il pendio opposto. Dopo aver lottato aspramente con la neve e i mughi per qualche decina di metri calziamo le cjaspe, ma l'effetto varia di poco. Anzi, si incastrano nei rami dei mughi e con lo zaino pesante uscirne è tutto da ridere. Forse è il caso di rispolverare le cognizioni sciistiche e salire con le pelli... Vedremo! Intanto arriviamo sotto uno sperone roccioso e li ci prepariamo per la salita. Il pendio è oltre i quaranta gradi e scaviamo una piccola piazzola per poterci preparare in sicurezza.
Iniziamo a risalire il canale e anche qui le distanze sono.. apparenti! Sembra non finire più ma arriviamo all'attacco della cascata... mmmh.... bene! Che si fa? Si sale? Stiamo un pò in contemplazione e valutiamo con calma la situazione. La candela di partenza è esile e lavorata, ma con una partenza in traverso si dovrebbe passare bene.
Per maggior sicurezza Roberto pianta un chiodo da roccia per la sosta, mentre io scavo una piazzola con la piccozza nel pendio ripido per far sicura in tutta comodità.
Roberto parte per il primo tiro di corda e il ghiaccio non è proprio dei migliori, a tratti una crosta spessa una decina di centimetri ricopre uno strato di neve che copre a sua volta in ghiaccio buono. Di tanto in tanto riecheggia nel canalone un rumore sordo di vuoto. "Roberto ci siamo?" "Si-i, abbi un pò di pazienza va..." mmmh...bene, pazientiamo.
Roberto parte per il primo tiro di corda e il ghiaccio non è proprio dei migliori, a tratti una crosta spessa una decina di centimetri ricopre uno strato di neve che copre a sua volta in ghiaccio buono. Di tanto in tanto riecheggia nel canalone un rumore sordo di vuoto. "Roberto ci siamo?" "Si-i, abbi un pò di pazienza va..." mmmh...bene, pazientiamo.
Roberto scompare dietro le quinte ghiacciate e per un pò sento solo i colpi degli attrezzi sul ghiaccio, i suoni vuoti del ghiaccio e i festoni sopra di me vibrare in maniera sinistra.
"Roberto come siamo?"
"Spiete che i polsi..."
Ah bene, se Robertone si è stancato mi aspetta un gran bel tiro!!!
Finalmente arriva in sosta. E' arrivato anche il mio momento.
Recupero il materiale di sosta e parto, guardo le becche delle piccozze e mi raccomando che facciano il loro lavore per bene. La partenza è duretta, ghiaccio verticale, a tratti ottimo, a tratti con quella crosta di cui scrivevo prima, dove la becca arranca prima di trovare lo strato buono, tolgo il primo chiodo e mi aspetta un breve ma tosto traverso, da superare con molta delicatezza.
Il ghiaccio sotto di me suona a vuoto e mi vengono in mente i miei amici "da bar" che mi chiedono che piacere si prova a prender rischi e freddo per niente. Penso che la risposta si trovi solo provando. Ricordo Massimo alla sua prima cascata: "mior di una taconade!".
Nel turbine di pensieri sono comunque concentrato sui miei movimenti e tra un sudore e un brivido esco dal casino. Sollevato dal vedere di nuovo il mio compagno riparto e mi ritrovo su ghiaccio buono e verticale. la progressione è divertente anche se l'ambiente che ci circonda incute timore, grigio e bianco ci osserva, piccoli puntini sul fianco della montagna. Il senso di solitudine che questo angolo di Carniche offre è proporzionale alla bellezza di cui ci fa godere.
In sosta ci passiamo il materiale e Roberto riparte affrontando una bella candela a 85°, affrontando prima una placca appoggiato di ghiaccio e neve che si spacca ad ogni passo scaricando un pò di tutto nel canalone sottostante. Guardo il chiodo e lo spittino della sosta.. occhio eh?
Roberto è arrivato in sosta, e tocca di nuovo a me. Lascio il nido e parto, uso i buchetti delle becche e dei ramponi di Roberto per non spaccare troppo la zona fragile e arrivo alla candela, pianto deciso le piccozze e mi alzo sui piedi. Succede qualcosa che non capisco subito, sembra che lo scarpone non tenga. Guardo in basso e con rabbia e stupore vedo il rampone staccato, appeso alla scarpa solo con la fettuccia.... No.. No.. Non farlo... E invece lo fa. si lascia andare verso l'ignoto... Brutto figlio di siderurgia di second'ordine!
Roberto è arrivato in sosta, e tocca di nuovo a me. Lascio il nido e parto, uso i buchetti delle becche e dei ramponi di Roberto per non spaccare troppo la zona fragile e arrivo alla candela, pianto deciso le piccozze e mi alzo sui piedi. Succede qualcosa che non capisco subito, sembra che lo scarpone non tenga. Guardo in basso e con rabbia e stupore vedo il rampone staccato, appeso alla scarpa solo con la fettuccia.... No.. No.. Non farlo... E invece lo fa. si lascia andare verso l'ignoto... Brutto figlio di siderurgia di second'ordine!
E ora? Urlo a Roberto di bloccare e lo informo della nuova situazione. Sgancio la corda dal chiodo e mi faccio calare qualche metro per poi iniziare a dondolarmi verso la sosta. Dopo un paio di pendoli riesco ad agganciare la sosta con la picozza e mi assicuro con la daisy chain. Libero le corde e aspetto scomodamente la discesa di Roberto.
Riattrezziamo la doppia e scendo verso il fondo del canalone e verso il rampone che mi guarda mogio mogio aggrappato alle neve con le punte abbassate..
Vabbè, per oggi ti perdono, ma una bella regolata a casa non te la toglie nessuno!
Arriva anche Roberto, e recuperate e riavvolte le corde ci incamminiamo verso Sappada. "Coraggio il meglio l'hai fatto!" mi consola Roberto. Guardo verso la cascata con un pò di rammarico. Ogni tanto si vince, ogni tanto si perde, a volte si pareggia.