“ … secondo me caghiamo fuori dal boccale…”
con la rude schiettezza del poeta rurale che è insita in lui, il Signor Loi rappresenta un po’ la mia coscienza alpinistica. Tuttavia come lui stesso afferma “ tu non molli mai eh? Io a volte mi sarei già fermato da un pezzo, comunque mi fido e ti vengo dietro” e in virtù di questo lo sprono ad andare avanti.
L’idea era di fare in invernale la Creta Grauzaria, salendo per la via normale. Il meteo dava tempo stabile e allora alle 6 partivamo da casa alla volta della Val Aupa.
Corda, piccozze, ramponi e ferramente varia in spalle, saliamo spediti verso il rifugio Grauzaria rimesso a nuovo (e senza un locale invernale aperto. Vabbè che è ancora da inaugurare..). In meno di un’ora siamo sotto al rifugio, la neve inizia ai ruderi di Casera Flop, è dura e non affatica il passo.
Piccola pausa e iniziamo a risalire il canalone verso il Portonàt. E qui iniziano le prime difficoltà, cerchiamo di individuare la miglior linea di salita, ma la neve rende uniforme il paesaggio e ci ritroviamo ora in mezzo ai mughi, ora nella neve fino alla cintola (l’audio originale della salita usava termini diversi ma…): stà di fatto che in tre quarti d’ora ci siam alzati si e no di 150 metri. Dopo un po’ di ravanamenti vari riusciamo ad uscire dai mughi e saliamo il pendio sfruttando la lingua di una slavina che presenta un fondo più consistente e ci agevola il procedere.
Ma non dura molto.
Siamo di nuovo nella neve a mezza coscia e il pendio ripido non certo aiuta, a tratti andiamo avanti nella neve che raggiunge il costato, ma comunque andiamo avanti, anche se piuttosto lentamente, il rifugio sembra sempre alla stessa distanza, sembra che i nostri sforzi siano del tutto inutili.
All’improvviso il silenzio si rompe e la voce di Nadia mi chiede: “ Siete al Portonàt?”
Non è la fatica che fa brutti scherzi ma la radiolina che porto allo zaino: visto che Nadia e Silvia avevano intenzione di fare l’anello del monte Flòp avevamo portato le radioline per restare in contatto e.. per usarle! Visto che eran spente nel cassetto da un po’.
Dopo un po’ di conversazione riprendiamo la salita alternandoci nel battere la pista, a tratti si avanza praticamente in trincea nel canalone. Il Signor Loi ogni tanto avanza qualche dubbio ma continuiamo a salire. La giornata è splendida, ma non ci aspettavamo tutta questa neve. Fatto sta che all’una meno un quarto arriviamo in prossimità del Portonàt! Quasi cinque ore di salita, mentre d’estate ne sono sufficienti un paio. Un po’ sconsolato, dentro di me mi arrendo e dico ad Andrea che è meglio rinunciare alla cima, vista l’ora e la quantità di neve.
Beviamo qualcosa di caldo ( fa piuttosto freddo, i guanti sono congelati, le dita quasi) e dopo aver scambiato quattro chiacchiere radiofoniche con le donzelle al di là della valle (Susy Love mancavi solo tu! Ah! Ah!) iniziamo la discesa lungo il vallone, verso il rifugio. Discesa che al contrario della salita è molto più veloce e divertente, a parte qualche lastra ghiacciata che fa gli scherzetti (occhio!!). Arriviamo al rifugio dove troviamo Nadia e Silvia ad aspettarci e alziamo lo sguardo verso la cima spazzata dal vento, ornata dai pennacchi di neve: oggi ci è andata male, ma va bene lo stesso. Se non altro abbiamo usato le radioline: così vicini.. così lontani..
con la rude schiettezza del poeta rurale che è insita in lui, il Signor Loi rappresenta un po’ la mia coscienza alpinistica. Tuttavia come lui stesso afferma “ tu non molli mai eh? Io a volte mi sarei già fermato da un pezzo, comunque mi fido e ti vengo dietro” e in virtù di questo lo sprono ad andare avanti.
L’idea era di fare in invernale la Creta Grauzaria, salendo per la via normale. Il meteo dava tempo stabile e allora alle 6 partivamo da casa alla volta della Val Aupa.
Corda, piccozze, ramponi e ferramente varia in spalle, saliamo spediti verso il rifugio Grauzaria rimesso a nuovo (e senza un locale invernale aperto. Vabbè che è ancora da inaugurare..). In meno di un’ora siamo sotto al rifugio, la neve inizia ai ruderi di Casera Flop, è dura e non affatica il passo.
Piccola pausa e iniziamo a risalire il canalone verso il Portonàt. E qui iniziano le prime difficoltà, cerchiamo di individuare la miglior linea di salita, ma la neve rende uniforme il paesaggio e ci ritroviamo ora in mezzo ai mughi, ora nella neve fino alla cintola (l’audio originale della salita usava termini diversi ma…): stà di fatto che in tre quarti d’ora ci siam alzati si e no di 150 metri. Dopo un po’ di ravanamenti vari riusciamo ad uscire dai mughi e saliamo il pendio sfruttando la lingua di una slavina che presenta un fondo più consistente e ci agevola il procedere.
Ma non dura molto.
Siamo di nuovo nella neve a mezza coscia e il pendio ripido non certo aiuta, a tratti andiamo avanti nella neve che raggiunge il costato, ma comunque andiamo avanti, anche se piuttosto lentamente, il rifugio sembra sempre alla stessa distanza, sembra che i nostri sforzi siano del tutto inutili.
All’improvviso il silenzio si rompe e la voce di Nadia mi chiede: “ Siete al Portonàt?”
Non è la fatica che fa brutti scherzi ma la radiolina che porto allo zaino: visto che Nadia e Silvia avevano intenzione di fare l’anello del monte Flòp avevamo portato le radioline per restare in contatto e.. per usarle! Visto che eran spente nel cassetto da un po’.
Dopo un po’ di conversazione riprendiamo la salita alternandoci nel battere la pista, a tratti si avanza praticamente in trincea nel canalone. Il Signor Loi ogni tanto avanza qualche dubbio ma continuiamo a salire. La giornata è splendida, ma non ci aspettavamo tutta questa neve. Fatto sta che all’una meno un quarto arriviamo in prossimità del Portonàt! Quasi cinque ore di salita, mentre d’estate ne sono sufficienti un paio. Un po’ sconsolato, dentro di me mi arrendo e dico ad Andrea che è meglio rinunciare alla cima, vista l’ora e la quantità di neve.
Beviamo qualcosa di caldo ( fa piuttosto freddo, i guanti sono congelati, le dita quasi) e dopo aver scambiato quattro chiacchiere radiofoniche con le donzelle al di là della valle (Susy Love mancavi solo tu! Ah! Ah!) iniziamo la discesa lungo il vallone, verso il rifugio. Discesa che al contrario della salita è molto più veloce e divertente, a parte qualche lastra ghiacciata che fa gli scherzetti (occhio!!). Arriviamo al rifugio dove troviamo Nadia e Silvia ad aspettarci e alziamo lo sguardo verso la cima spazzata dal vento, ornata dai pennacchi di neve: oggi ci è andata male, ma va bene lo stesso. Se non altro abbiamo usato le radioline: così vicini.. così lontani..
5 commenti:
Il Grande Chiarcos non si ferma mai!!!
Cayoooo!!
In Napoleonica si stava da Dio!!
Anche voi in crisi con la neve fresca eh?!
Io mercoledi scorso sono andato a casera Malins e ho fatto una fatica bestia per battere la traccia con la neve superfarinosa. Comunque bravi, bisogna sempre provarci altrimenti tanto vale passare le domeniche in pantofole a casa!!
ma siete un pò "matucei"??
Io mi accontento di qualche caseretta col mio boy!!
un pò mi fate invidia. io avrei pauuura
Bravi Duri al pezzo mai mola!!!
Che si dice a Codroipo c'e' ancora qualcuno vivo?
Buonasera Luca e Nadia . Volevo avvertirtirvi che vi ho inserito all'interno di un articolo che ho scritto su Escursionando magazine. Buona Montagna da Dorino.
http://www.escursionando.splinder.com/
Posta un commento