Nessuna preghiera, nessun credo, rendono l'uomo più devoto quanto la solitudine d'un bosco che stormisce al vento, o la libera vicinanza al cielo sulle vette dei monti
Julius Kugy

martedì 26 febbraio 2008

Monte Sart

E così, dopo aver lasciato Nicholas dai nonni in campagna, siam partiti per la montagna…
Il mattino di sabato non si presentava certo bellissimo con quella foschia che i vari meteo avevano preventivato, ma confidavo in quel tenue blu che ammiccava da nord, e perciò ero sicuro che il fine settimana che avevamo davanti sarebbe stato all’insegna del “bel tempo stabile sui monti”.
Arriviamo in una Val Resia che sembra addormentata, coccolata dalla nebbiolina che vela il fondovalle, e ci prepariamo per partire alla volta del bivacco Marussich e del Monte Sart
Zaini (!!) in spalla e via attraverso le case e gli orti di Stolvizza, alla volta del Ricovero Igor Crasso. Salendo attraverso il bosco, passiamo le radure degli stavoli Lom (dire che è un posto magnifico è dir poco) e diamo un’occhiata alla cima: a sud la neve parte dai 1500 metri circa, e la salita da sud sembra fattibile, senza pericolo, quindi decidiamo di fermarci a dormire al Crasso, e di non proseguire fino alla sella di Grubia (per la felicità di Nadia, che pregusta la stufa a legna del ricovero piuttosto che le lamiere del bivacco) da dove saremmo saliti per la cresta da est.
Avendo cambiato punto d’arrivo per la notte, ce la prendiamo comoda, e ci fermiamo per un “crust” e per far foto senza fretta.


Saliamo il cimotto davanti sella Buia che domina tutta la valle e che ci regala una miriade di cime che sbucano dalle nebbie di fondovalle.
Arrivati al ricovero, poggiamo gli zaini e ci accomodiamo fuori, sotto un caldo sole di fine febbraio (20° a 1600 metri, non male!) con l’unica preoccupazione di aspettare il tramonto per godercelo in solitudine. E la giornata ci regala un tramonto bellissimo, con colori caldi verso ovest e le cime rosate del Canin e del Sart ad est.
E dopo tanta poesia, lo stomaco inizia a reclamare attenzione: finalmente vien ora di cena (...), con il potente fornelletto inizio a preparare il pollo alla diavola della Findus (ma c’è gente che se li mangia pure a casa??? Ma come fate?? Spiagatelo a un povero alpinista cresciuto a pane e salame e... qualche bicchiere di cabernet), meno male che la dispensa del ricovero è fornita di sale e pepe.. almeno rianimiamo un pochetto sta roba!
Comunque sopravviviamo ai 4 salti in padella (bandendoli da qualsiasi tavola a cui siederò in futuro), e ci confortiamo con un po’ di spirito… d’acquavite!!
Fuori ormai fa buio, ma la temperatura è mite, ci sono circa dieci gradi, all’interno la temperatura è pù bassa di un paio di gradi e la stufa scalda appena, la legna è stra-umida!!
Ci infiliamo nei sacchiletto e dopo qualche chiacchiera ascoltiamo il silenzio attorno a noi, finchè si alza il vento e le carrucole della bandiera iniziano a cantare per tutta la notte!! Grande idea hanno avuto gli amici di Trieste a metter un bel palo metallico come asta della bandiera!!
Al mattino mi sveglio verso le 7, con ben poca voglia di lasciare il caldo del sacco, ma bisogni impellenti mi costringono alla resa, mi vesto ed esco.. al caldo! Ci saran 15 gradi fuori! MMH!! Mi sa che la salita sarà calda!
Facciamo colazione e decidiamo di partire. La neve è pesante nel primo tratto, ma poi il sentiero è abbastanza pulito. Arriviamo sotto la verticale del Becco di Mezzodi, lungo la cresta dell’Indrinizza, e il sentiero è sepolto sotto la neve per ampi tratti. Le intuizioni del mattino si rivelano vere. Tastiamo il terreno ma la neve è fradicia e pesante (il termometro segna quasi 20 gradi a 2000 metri) e visto gli ultimi eventi che han riguardato le nostre montagne, evitiamo che scrivano di noi “erano alpinisti esperti” (e magari pure idioti)e torniamo indietro, tanto il Sart ci aspetta lì ancora per un pò.
Sui prati a ridosso della cresta sopra di noi vediamo una decina di camosci correre verso l’alto e sparire dietro il crinale dopo averci visto (siam messi tanto male??).
Tornando al Crasso le condizioni della neve peggiorano di molto, e dove appena mezz’ora prima camminavi sul duro, ora affondi fino al ginocchio. Recuperiamo quanto lasciato al ricovero e dopo un veloce spuntino scendiamo verso Ladina, poco prima degli Stavoli Lom, un altro incontro: tre begli esemplari di capriolo ci scrutano attraverso il bosco e si allontanano velocemente lungo il pendio al primo nostro movimento.
Scendiamo soddisfatti nel tepore del sole che ci fa sentire vicina la primavera, nell'angolo di paradiso che rappresentano gli stavoli Lom, incontriamo due signore che sistemano l'orto e fanno i primi lavori primaverili (devo dire che c'è un pò di invidia...). Ci immergiamo di nuovo nei profumi caldi del sottobosco incontrando uno scoiattolo che gioca a rimpiattino, arrampicandosi su di un larice. Ancora qualche tornante e arriviamo sulla forestale e in breve entriamo in paese

mercoledì 20 febbraio 2008

Kugy: alpinismo puro

Torno a parlare di "onkel" Julius proponendo una breve biografia. Ulteriore omaggio a una figura che ammiro molto, nel 150° della nascita.




Julius Kugy nacque il 19 luglio 1858 a Gorizia in una famiglia di commercianti, da padre carinziano e madre slovena, figlia del poeta Giovanni Vessel. Compì studi classici. A Vienna si laureò in giurisprudenza, senza peraltro trascurare la musica per la quale nutrì sempre uno spiccato interesse. Infatti furono la cultura e lo sprone della famiglia a stimolarlo per la sua futura formazione musicale. Visse a Trieste, sua patria d'adozione. Parlava correntemente il tedesco, lo sloveno e l'italiano e nutriva pari rispetto per tutte queste culture. Ciò ne fa un vero rappresentante della vocazione internazionale della regione d'origine. Rivolse un particolare interesse anche alla botanica e fu proprio da questa attenzione per le specie floreali che nacque la sua passione per la montagna. Egli iniziò infatti a percorrere le vie alpine alla ricerca di una rara quanto misteriosa pianta che si supponeva caratteristica delle Alpi Giulie, la Scabiosa Trenta. La magia delle montagne e l'amore per le Alpi Giulie, perciò, lo pervasero fin dalla giovinezza. Le cime lo affascinarono immediatamente e tra esse scelse di trascorrere buona parte della sua esistenza, almeno per ciò che gli consentiva la sua professione di imprenditore commerciante. Compì non meno di 50 prime ascensioni e traversate. Tuttavia la sua attività non mirava essenzialmente alla sola conquista fisica della vetta, bensì all'elevazione dello spirito, al godimento estetico del paesaggio, all'ispirazione poetica che scaturiva dalla grandiosità della natura, alla soddisfazione nel superare delle difficoltà oggettive insieme ai compagni per poter vivere assieme delle profonde emozioni interiori. In lui l'ammirazione per la grandiosità delle montagne si trasfigurava in un'esperienza mistica, di autentico incontro con il divino. Significative, in questo senso, alcune sue affermazioni:
"Sono del parere che l'assalto alle vette non debba considerarsi l'essenziale dell'alpinismo. Camminare in montagna è altrettanto importante. E la sosta, il riposo sui monti, non è da meno."
"L'alpinista deve vivere non morire sui monti"
"L'alpinismo deve essere una gioia"
Il suo atteggiamento di fronte alla montagna è dunque quello di un contemplativo ed è fondato sul rispetto per l'integrità fisica del paesaggio e per la conservazione ed il recupero delle tradizioni locali, anche a livello di toponomastica. Kugy fu uno degli ultimi grandi promotori delle Alpi ed effettuò le sue ascensioni accompagnato dalle guide, amici più che fraterni, che poi onorò e rese celebri attraverso i suoi libri. Ricordiamo sempre che lo scalatore e autore ha trascorso gran parte della sua vita soprattutto nelle Alpi Giulie, fra la Carinzia, l'Italia e l'area slava. Kugy era un vero e proprio pioniere del 19° secolo: insieme a guide Slovene ed Italiane ha tracciato le mappe delle Alpi Giulie, di cui conquistò molte vette. Tra il 1877 ed 1912, per 35 anni, Kugy si dedicò all'esplorazione di quelle cime:
- 1870 ca. il giovanissimo Kugy effettua le sue prime escursioni in montagna- 1870-1885 - sale molte vette delle Giulie. Nel 1881 è sulla cima del Tricorno
- nel 1886 trova la via per la vetta della Madre dei Camosci, della Cima di Riofreddo e della cima di Riobianco
- nel 1891 percorre la via ovest dello Jof Fuart e sale sul piccolo Mangart
- nel 1892 trova la via della Spragna al Montasio
- nel 1893 raggiunge per la prima volta la Cima delle Rondini e, per la via ovest, lo Jof Fuart
- nel 1895 supera per la prima volta la parete nord del Canin
- nel 1902 scopre la direttissima nord del Montasio e porta a termine la prima scalata invernale del Canin- nel 1910, a 52 anni, traccia la sua ultima nuova via sulla Torre Nord del Montasio- durante la Prima Guerra Mondiale, volontario, è Alpenreferent (consigliere alpino) dell'esercito autro-ungarico sul fronte carinziano
- dopo i sessant'anni si dedica esclusivamente alla letteratura
Morì a Trieste il 4 febbraio 1944.

giovedì 14 febbraio 2008

Così lontani....così vicino!

....merito della tecnologia,guai se non ci fosse...a volte. E così per il giro del m.te Flop Luca mi ordina "porta la radio così le proviamo,noi tentiamo la salita alla Grauzaria!"."Zi,badrone,obbedisco!". E così, nel mio borsellino, assieme al portafoglio e a ben due telefonini (uno Wind,l'altro Vodafone...alla Tim ci pensa Luca!) trova il suo stretto spazio pure la Brondi!
Appuntamento con Silvia alle 8:30 al Fungo e partiamo, direzione Moggio. Al parcheggio arriviamo che non c'è neve,come gia mi aveva informata Luca...via sms...benedetta tecnologia!Alle 9.30 iniziamo la camminata verso la nostra prima destinazione, il rif. Grauzaria. Nei pressi di c.ra Flop un perentorio "Ouh!" mi fa sobbalzare e d'istinto rispondo "hei!" aspettandomi di veder sbucare il Chiarcos da dietro qualche rudere, tanto è vicina la sua voce! Poi ricordo ed entrambe io e Silvia guardiamo il mio borsellino che ho in vita!..la Brondi! Rispondo tutta figa chiedendo se son arrivati in cima....domanda sbagliata Nadia! infatti la radiolina gracchia indietro un "ma ci prendi per il culo?" seguito da un "va a cagà!" dell'egregio sig. Loi che accompagna il Chiarcos nelle sue insenatezze con mooolto entusiasmo! Ma come? son partiti ben 3 ore prima di noi e dove li vediamo? che sgarfano nella neve "fin ta lis balis" come ci ha prontamente informato l'affannato Luca, a neanche metà del canalone tutto innevato che porta al Portonat! Matti! Io e Silvia intanto arriviamo al blindatissimo rif. Grauzaria con la neve che arriva alle ginocchia. Piccola sosta per ricaricare le batterie e fare qualche foto ai due "disperas" e ripartiamo alla volta del Foran da la Gjaline, non prima però di aver calzato le mie old fashion cjaspe, quelle per intenderci fatte in legno e cordino, leggere e pratiche! Silvia invece, pensando che non sarebbero servite le ha lasciate in auto! E così inizia la sua lunga agonia...sprofondando fino alle cosce lungo tutta la salita con la sottoscritta che "galleggiando" la prende in giro chiedendole se ha mangiato pesante la sera prima! Povera Silvia! Non l'ho mai vista così distrutta! Son riuscita a convincerla ad arrivare fin quasi alla sella ma data la tanta neve ci siamo fermate poco prima al caldissimo sole a mangiucchiare qualcosa e a goderci il bellissimo panorama innevato, sorridendo alle imprecazioni dei due matti che ci giungono dalla radiolina! In discesa va meglio anche a Silvia che deve solo ripercorrere la lunga trincea che ha scavato nella risalita! Al rifugio arriviamo quasi assieme ai due matti che nel frattempo hanno dichiarato sconfitta e sono ridiscesi brontolando perchè devono farsi pure la breve risalita al suddetto rifugio! Lasciamo assieme, a malincuore alle nostre spalle, le mancate mete...ma ritorneremo... e loro saranno li ad aspettarci! Intanto le radioline le abbiamo provate e funzionano bene!...aah tecnologia!!!...così lontani...ma così vicini!
Nadia

lunedì 11 febbraio 2008

Così vicini... così lontani...




“ … secondo me caghiamo fuori dal boccale…”
con la rude schiettezza del poeta rurale che è insita in lui, il Signor Loi rappresenta un po’ la mia coscienza alpinistica. Tuttavia come lui stesso afferma “ tu non molli mai eh? Io a volte mi sarei già fermato da un pezzo, comunque mi fido e ti vengo dietro” e in virtù di questo lo sprono ad andare avanti.
L’idea era di fare in invernale la Creta Grauzaria, salendo per la via normale. Il meteo dava tempo stabile e allora alle 6 partivamo da casa alla volta della Val Aupa.
Corda, piccozze, ramponi e ferramente varia in spalle, saliamo spediti verso il rifugio Grauzaria rimesso a nuovo (e senza un locale invernale aperto. Vabbè che è ancora da inaugurare..). In meno di un’ora siamo sotto al rifugio, la neve inizia ai ruderi di Casera Flop, è dura e non affatica il passo.
Piccola pausa e iniziamo a risalire il canalone verso il Portonàt. E qui iniziano le prime difficoltà, cerchiamo di individuare la miglior linea di salita, ma la neve rende uniforme il paesaggio e ci ritroviamo ora in mezzo ai mughi, ora nella neve fino alla cintola (l’audio originale della salita usava termini diversi ma…): stà di fatto che in tre quarti d’ora ci siam alzati si e no di 150 metri. Dopo un po’ di ravanamenti vari riusciamo ad uscire dai mughi e saliamo il pendio sfruttando la lingua di una slavina che presenta un fondo più consistente e ci agevola il procedere.
Ma non dura molto.
Siamo di nuovo nella neve a mezza coscia e il pendio ripido non certo aiuta, a tratti andiamo avanti nella neve che raggiunge il costato, ma comunque andiamo avanti, anche se piuttosto lentamente, il rifugio sembra sempre alla stessa distanza, sembra che i nostri sforzi siano del tutto inutili.
All’improvviso il silenzio si rompe e la voce di Nadia mi chiede: “ Siete al Portonàt?”
Non è la fatica che fa brutti scherzi ma la radiolina che porto allo zaino: visto che Nadia e Silvia avevano intenzione di fare l’anello del monte Flòp avevamo portato le radioline per restare in contatto e.. per usarle! Visto che eran spente nel cassetto da un po’.
Dopo un po’ di conversazione riprendiamo la salita alternandoci nel battere la pista, a tratti si avanza praticamente in trincea nel canalone. Il Signor Loi ogni tanto avanza qualche dubbio ma continuiamo a salire. La giornata è splendida, ma non ci aspettavamo tutta questa neve. Fatto sta che all’una meno un quarto arriviamo in prossimità del Portonàt! Quasi cinque ore di salita, mentre d’estate ne sono sufficienti un paio. Un po’ sconsolato, dentro di me mi arrendo e dico ad Andrea che è meglio rinunciare alla cima, vista l’ora e la quantità di neve.
Beviamo qualcosa di caldo ( fa piuttosto freddo, i guanti sono congelati, le dita quasi) e dopo aver scambiato quattro chiacchiere radiofoniche con le donzelle al di là della valle (Susy Love mancavi solo tu! Ah! Ah!) iniziamo la discesa lungo il vallone, verso il rifugio. Discesa che al contrario della salita è molto più veloce e divertente, a parte qualche lastra ghiacciata che fa gli scherzetti (occhio!!). Arriviamo al rifugio dove troviamo Nadia e Silvia ad aspettarci e alziamo lo sguardo verso la cima spazzata dal vento, ornata dai pennacchi di neve: oggi ci è andata male, ma va bene lo stesso. Se non altro abbiamo usato le radioline: così vicini.. così lontani..

martedì 5 febbraio 2008

Amicizia ai tempi di internet


Oooh,eccomi qua finalmente a scrivere qualcosa su questo blog come mi è stato richiesto.Quasi me ne ero dimenticata, presa come sono dall'ultima idea stravagante e contagiosa di Luca, ovvero la comunità(o community)di Myspace! E proprio di questo parla questo articoletto. Ho sempre desiderato avere tanti amici con cui parlare e divertirmi, ma per varie cause,tra cui la timidezza nel periodo giovanile,le mie amicizie sono sempre state scarse e poco presenti.Non da 5 anni a questa parte: l'iscrizione al Cai di Codroipo ha cambiato di colpo questo status! Finalmente ho avuto la possibilità di trovare persone di qualsiasi età con cui condividere amicizia e passione per la montagna. Poi l'Alpinauta se ne esce con 'sta cosa di Myspeis, come la scrive lui. Internet è sempre stato per me un mix tra curiosità,dubbio e timore:quasi ogni giorno i tg ci tartassano con le problematiche del web, quali truffe, adescamenti di pedofili, virus e messaggi integralisti! cose da terrorizzare il novellino che si cimenta per la prima volta in questo mondo!! Ma internet non è fatto solo di questo,ma anche da gente semplice. Entrando a far parte di questa comunità ho scoperto un nuovo concetto di amicizia incondizionata: qui ci si vede solo in foto e ci si parla solo tramite mail ma è incredibile il feeling che si crea con gente all'apparenza sconosciuta che condividendo passioni e non, o semplicemente per spiccata simpatia, ti coinvolge completamente.Potrei parlare di Jae-C,una cara signora norvegese che al momento si trova nelle isole Svalbard con un gruppo di ricercatori,oppure di Susanna,una simpaticissima maestra che scrive innumerevoli e divertenti blog,o della romana Chiara,entusiasta per i suoi ramponi nuovi,o di Daniele,che cadendo mentre faceva boulder si è rotto un braccio e scalpita per ritornare ad arrampicare, o della mia vicina malese Akmal di 8 anni, che ho ritrovato dopo 11 proprio qui su Myspace, ormai cresciuta! Insomma, un mondo di amicizie variegate! La cosa piu' divertente è stato constatare come un brutto weekend ci abbia tutti trovati connessi alla rete a spettegolare e a imprecare contro il tempaccio con testimonianze da tutta Europa! Beh, volevo amicizie? adesso posso proprio dire di averne, sparse un po' dappertutto, e chissà, magari un giorno ci si incontra pure, come sicuramente accadrà con Penna, una signora di Udine che va in montagna! Chi lo sa? Ma che dire invece degli amici presenti, vicini a me? di Luca, miglior amico, moroso e compagno di montagne, o di Ilaria e Silvia, sfegatate montanare come la sottoscritta? posso solo dir loro... "grazie d'esistere"! Siete insostituibili!!
Ma intanto...vi ho incuriosito almeno un po? Potete sempre dare una sbirciatina ai nostri "Myspace" cliccando agli indirizzi qua sotto e chissà.... magari vi contagiamo! Io e Luca vi aspettiamo tra i nostri amici!!! Ciao!
Nadia

lunedì 4 febbraio 2008

riflettendo..

Domenica di riflessione, quella appena trascorsa. Si voleva andare su a Passo Vrsic per fare qualche couloir ma le nevicate dei giorni scorsi sconsigliavano l'avventura e allora a casa! Visto che anche il tempo non invogliava.

Levataccia mattutina (h. 10.00 am), un pò di internet, radio, e si inizia a preparare il pranzo: dura la vita dell'alpinauta in esilio!!

Pomeriggio mi son messo a vedere un vecchio vhs: Ladro di montagne, di Nereo Zeper. la storia di un grande dell'alpinismo, poco conosciuto fuori dalla nostra terra, ma in assoluto un grande.

Parliamo di Ignazio Piussi.

Vedere e sentire il racconto delle sue imprese fa riflettere. Con i mezzi su cui potevano contare all'epoca, lui ed i suoi compagni han fatto dell'incredibile. Passione pura e dedizione, voglia di fare, perchè altro da fare non c'era in quegli anni. Ecco i loro mezzi.

Vedere le immagini della Solleder in invernale girate da Toni Hiebeler e sentire la voce pacata di Ignazio che le descriveva con una semplicità disarmante dà sensazioni molto forti. Si sente che quello che han fatto loro è inarrivabile.

La cassetta è finita. il nastro si è riavvolto. La passione è cresciuta.

Non una domenica in montagna, ma una domenica di montagna.