28 dicembre. Iniziamo bene: 8.30 e del Signor Loi non c’è traccia per la strade di Goricizza. Con calma finisco di preparare il materiale e per sicurezza ricontrollo tutto: fornello, qualcosa da mangiare, chiodi, viti da ghiaccio, ferramenta varia, cordini, ramponi, piccozza.. C’è tutto. Anche il Signor Loi, che nel frattempo è giunto a bordo della Freccia Nera.
Bene! Andiamo.
Destinazione piani del Montasio. Obbiettivo della giornata, il bivacco Suringar, sulla Grande Cengia dello Jôf di Montasio. Base per la salita dell’indomani del Canalone Findenegg. Appena imboccata la strada per i piani, un bel lastrone di ghiaccio ci costringe a metter le catene: dopo un attimo la Freccia Nera è pronta ad artigliare la strada!
Le invernali han sempre esercitato su di me una forte attrazione, ma lo zaino in queste uscite mi attrae spesso verso il basso: tra sacco letto, vestiario, cibo e attrezzatura avremo un 15 kg in spalla, e li sento tutti (grazie agli amici del NoLimits di Tolmezzo, almeno il fornello è leggero!).
Comunque sia ci si incammina verso la forca Disteis parlando del più e del meno e il ritmo risente del carico; ad un tratto sotto la parete sud compare un solitario stambecco che ci guarda con indifferenza sudare mentre saliamo gli ultimi metri di prato innevati. Mentre calziamo i ramponi e togliamo le piccozze dallo zaino mi risuona in mente “Hells Bells” degli AC/DC (…like a hurricane..) e iniziamo a salire la parete innevata per guadagnare la grande Cengia. Il gelo-disgelo ha indurito la neve e si avanza bene, sui primi salti verticali c’è ghiaccio vivo e roccia scoperta. Andare avanti inizia a richiedere più attenzione e, senza neanche accorgersene il tempo vola. Con un po’ di fatica guadagniamo il pulpito prospiciente la Torre Disteis: qui la neve è poca e aggiriamo facilmente la torre. Sorpresa. La cengia e completamente innevata. Iniziamo ad avanzare come fosse un lungo traverso. La neve inizia a sciogliersi sulla superficie del lastrone e fa zoccolo sotto i ramponi nonostante l’anti-bott. A tratti il lastrone suona di “vuoto”, per un tratto sbuca dalla neve il cavetto che d’estate agevola il passaggio, ma a noi non serve a molto. Davanti a noi una famiglia di stambecchi zompetta qua e là come niente fosse. Che invidia. Mi giro verso Andrea che mi chiede “Tutto bene?” “Per ora si” e mentre rispondo il lastrone con un rumore sordo mi cede sotto i piedi. Mi fermo li, sulla neve soffice e non trasformata. Era un bel pezzo che non mi si gelava il sangue in montagna. Guardo sotto di me e vedo l’abisso della Clapadorie perdersi verso la Val Dogna. Aspetto che Andrea mi raggiunga e intanto metto l’imbraco, si ferma a pochi metri da me e si imbraca a sua volta. Toglie la corda dallo zaino e intanto provo a sondare il terreno prima di avanzare: una vite da ghiaccio non la metto neanche per sogno, la crosta non tiene per niente. Guardo l’ora, sono le quattro meno un quarto, ancora un’ora di luce. Merda.
“Andrea che dici? Torniamo indietro? In un’oretta dovremmo essere fuori dai casini, andando avanti non so se arriviamo al bivacco prima del buio.” Neanche ad Andrea piace la situazione e allora dietro front veloce, cercando di far le cose bene e con la giusta fretta per non dover andar avanti alla luce della frontale.
L’ultimo sole della giornata ci saluta mentre stiamo arrivando al bivio per la via normale. Mi fermo a fare qualche foto e il Signor Loi mi apostrofa con “ Guarda questo! Io ne ho piene le balle ad andare avanti e Lui si mette a far foto”. Rido di gusto e anche lui, almeno mi pare.
Arriviamo sul ghiaione innevato e togliamo i ramponi. Bevo un goccio di te e guardo verso l’alto, verso la cima con un po’ di rimpianto. Ma forse è meglio così. Almeno per oggi.
Un altro gruppo di stambecchi ci guarda dall’alto, si preparano per la notte e magari si chiedono che ci fan lì a quell’ora quei due tizi.
Scendiamo velocemente lungo le lingue di neve dei Piani verso il di Brazzà, Andrea vorrebbe fermarsi a dormire li. Arriviamo al rifugio che le ultime luci del giorno han lasciato da un pezzo il posto ai led delle frontali. Beviamo a ancora un goccio di te caldo e decidiamo di proseguire verso la macchina e verso casa.
Guardo il Montasio sotto il cielo stellato, e rimando l’appuntamento di qualche tempo.
4 commenti:
Bravo luca, l'è sempre tempo a tornar, ma l'è un attimo a non tornar più.
Anche secondo mè abbiamo fatto bene... le mie braghe cominciavano a essere piene....
A parte gli scherzi.... valutando bene la situazione sul momento è sembrata la cosa migliore da farsi!
E poi... il Montasio mica lo portano via....
Mandi a ducju
caro Anonimo (Talmassoniano??) ora capisco cos'era quello strano odore che sentivo... e io a dar la colpa agli stambecchi!! Poveri animaletti
Ciao Luca e Nadia ho scoperto il vostro blog quasi per caso...
Nella vita è raro incontrare il sublime che cela la fatica e l'appagante solitudine di una vetta.
Complimenti vivissimi per le parole e le splendide foto.
Vi lascio con piacere il mio link nella speranza che veniate a visitare il mio blog:
freemountainfree.blogspot.com
Vi ringrazzio e rimango in attesa di un vostro commento.
Ciao Free- mountain (Luca e Alice).
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